Il Boia nazista di Albenga – Luciano Liberti

Luciano Liberti, Il Boia nazista ad Albenga
Luciano Liberti, Il Boia nazista ad Albenga

UXORICIDA A ROMA

Era defilato da anni Luberti, fu un fattaccio di cronaca nera nella Roma degli anni ’70 a riportarlo ignominiosamente a galla. E’ il 3 aprile: Carla Gruber viene trovata morta nella sua casa dalla polizia allertata da una lettera del marito alla Procura di Roma. Un colpo di pistola al petto è la causa della morte che l’uomo, resosi irreperibile, attribuisce a un  suicido, dopo il quale egli avrebbe vegliato il cadavere per tre mesi circondandolo di fiori per mascherare l’odore della putrefazione. La firma in calce alla lettera è Luciano Luberti, conosciuto dai vicini come un piccolo editore, già funzionario di un’organizzazione assistenziale, con vari legami politici, da Andreotti a noti personaggi della destra. La latitanza da sospetto uxoricida durerà due anni e terminerà, con uno scontro a fuoco a Portici, dove Luberti si era sistemato come trafficante di materiale pronografico. Non sono in molti a conoscere il suo passato durante la guerra.

BOIA AD ALBENGA

Nato a Roma, allievo della scuola tedesca si era appassionato all’ideologia nazista e si era arruolato nella Wermacht. Dal ’44 al ’45 è con le brigate fasciste che controllano il territorio del Ponente ligure, alla  feldgendarmerie di Albenga. Da tutti creduto tedesco, si distingue per la ferocia delle torture sui partigiani e i loro famigliari. La sua specialità: accanirsi sulle persone anziane e sulle donne, alle quali riserva personali attenzioni sotto forma di stupro mediante oggetti, mutilazioni e bruciature prima di inviarle all’esecuzione.

Dichiarazione di Luberti, il Boia di Albenga

Dichiarazione di Luberti, il Boia di Albenga

Questa è la dichiarazione di Luciano Luberti, il Boia di Albenga, tratto dall’Archivio Storico dell’ Unità

Gli “interrogatori” avvenivano in un edificio sull’argine sinistro del fiume Centa, dove ora una lapide elenca i nomi delle vittime; fra gli assassinati due persone con identità ignota.

Al termine della guerra Luberti tenta la fuga in Francia con l’intenzione di arruolarsi nella Legione Straniera. Riconosciuto alla frontiera di Ventimiglia dal fratello di un partigiano ucciso viene incarcerato, processato e condannato a morte. Sentenza non eseguita perchè l’Italia abolisce la pena capitale e, grazie a una serie di indulti, nel 1953 torna libero.

BORGHESE IDEOLOGO

Si trasferisce a Roma e trova lavoro grazie agli appoggi e alle coperture politiche. Si fa una fama di persona “per bene”, si sposa, nascono due figlie. Scrive e pubblica materiale ideologico di destra, con particolare riferimento alla purezza della razza; puntualizza in particolare il danno e i costi che derivano dal trattamento medico dei malati di tubercolosi che “potrebbero anche vivere fino a 50 o 60 anni”.

In occasione dei colloqui per l’assunzione di una segretaria conosce Carla Gruber, avvenente profuga della Venezia Giulia. Inizia una relazione che dopo alcuni anni Carla interrompe per sposarsi. Marito barista, figli, esistenza normale, fino a che nella sua vita torna Luberti. La convince a riallacciare la relazione, a separarsi e lasciare i figli. Il marito abbandonato si rivolge alla polizia e la storia assume risvolti inquietanti e mai chiariti: l’uomo viene dichiarato pazzo e internato in manicomio, dove poco tempo dopo muore.
Intanto anche Luberti ha lasciato la moglie; i due iniziano a convivere insieme ai figli dei loro precedenti matrimoni. Apparente perfetta armonia, ma la donna si ammala e Luberti l’affida al primario di una clinica privata al quale è legato per amicizia e per comune orientamento politico. Carla ha la tubercolosi causata dai disagi della fuga e delle condizioni belliche, viene curata, guarisce; durante la degenza inizia una relazione con il medico e quando viene dimessa è in stato di gravidanza. Luberti non mostra gelosia e insieme avviano un’azione legale per costringere il medico al riconoscimento di paternità del nascituro.

PEDINA DEGLI ANNI di PIOMBO

Nella storia di Luberti il mese di gennaio del 1970 è cruciale: il 18 viene stabilito come il giorno in cui il colpo di pistola uccide Carla, mentre il 28 è il giorno del ritrovamento del corpo di Armando Calzolari.L’uomo, scomparso in dicembre, era ufficialmente l’addetto alle pubbliche relazioni di un’impresa di costruzione di strade e ponti, in realta’ procurava fondi per il Fronte Nazionale del principe Junio Valerio Borghese. Le ricostruzioni degli inquirenti rintracceranno collegamenti con gli ambienti della destra frequentati anche da Luberti e s’ imbatteranno nella possibilità che la Gruber fosse in procinto di fare rivelazioni sulla strage di Piazza Fontana.
Luciano Luberti boia AlbengaAl processo per la morte di Carla, Luberti si atteggia: spavaldo, indifferente, con lunghi capelli e una folta barba. La difesa richiede la perizia psichiatrica che viene affidata al professor Aldo Semerari, famoso criminologo fascista. Come per molti altri criminali destrorsi e camorristi, Semerari dichiarerà l’imputato incapace di intendere e volere. Risulterà, infatti, che Carla “si era avvelenata” e che il colpo di pistola sparato da Luberti era una forma di “eutanasia”! Su questa base la pena inflitta è l’internamento nel manicomio criminale di Aversa, dove Luberti sconta gli anni previsti con condotta esemplare e normale equilibrio mentale, prestandosi all’assistenza agli internati incapaci di gestire domande e produrre documenti.

Un anno prima del rilascio, incomprensibilmente, fugge. Si rende irreperibile per alcuni giorni: esattamente quelli in cui il Sisde organizza il depistaggio per la strage di Bologna e fa ritrovare un borsone di armi precedentemente detenuto dal professore-criminologo Semerari (che finirà in carcere e verrà ucciso, per motivi rimasti ignoti, dalla Camorra).

Ricondotto in manicomio, Luberti sconta il resto della detenzione “senza aggravio della pena“. Quando scade il termine, agosto 1981, lascia la prigione e si stabilisce a Padova, dove prosegue con il suo impegno nel Fronte Nazionale.  Si sostiene, ed è arduo capacitarsi di questo fatto,  con un sussidio del Comune, che perderà a causa di attività criminose di basso profilo, terminando la vita in miseria.
In questo pdf dal titolo “Io, boia” di Albenga Colpevole senza rimorsi, la sua ultima intervista prima della morte nel 2002.

 

Il testo dell’articolo è tratto dall’originale di Maktub Blog.

Be the first to comment on "Il Boia nazista di Albenga – Luciano Liberti"

Leave a comment